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Come si Fattura verso un Paese UE

Come si Fattura verso un Paese UE che ha introdotto l’obbligo di Fatturazione Elettronica?

In Italia ci siamo ormai pienamente abituati alla Fatturazione Elettronica, obbligatoria prima verso la PA e poi anche tra i privati. Questo cambiamento ha richiesto notevoli adattamenti tecnici e procedurali, diventando ormai oggi, nel nostro Paese, un modello consolidato, diffuso e di riferimento (un “mai-più-senza”). A suo tempo, l’Italia optò per un approccio che prevedeva l’invio dell’intera fattura in un solo formato (XML PA) verso lo SDI, ma che comprendeva, a solo titolo di reporting, anche le fatture cross border. 

Solo in seguito, una volta stabilizzato il flusso outbound, ha introdotto anche l’obbligo della comunicazione dell’integrazione IVA sulle fatture passive estere (autofattura) arrivando in questo modo ad avere il quadro completo della situazione IVA delle aziende contribuenti. L’obiettivo dell’Agenzia delle Entrate era di semplificare, per quanto possibile, la vita già dura delle aziende Italiane: possiamo dire che quanto sta accadendo in Europa raggiungerà lo stesso obiettivo?

Gli obblighi di Fatturazione Elettronica fioriscono in tutta Europa

Altri Paesi europei, però, stanno affrontando questa transizione proprio in questi anni, adottando spesso modelli operativi diversi rispetto a quello adottato in Italia. La Francia, per esempio, prevede l'introduzione graduale della fatturazione elettronica obbligatoria a partire dal 2026, tramite piattaforme private accreditate (PDP - Plateformes de Dématérialisation Partenaires), ciascuna delle quali è chiamata a replicare un po' quello che fa il nostro Sistema di Interscambio centralizzato. Analogamente, anche la Germania ha deciso di adottare un modello simile, con una prima fase transitoria di adozione graduale iniziata proprio nel 2025.

La Spagna, invece, presenta una situazione ancora in evoluzione. La recente seconda consultazione pubblica sul Decreto Reale "Crea y Crece" ha introdotto significative novità, tra cui l'adozione del formato UBL per la piattaforma pubblica, in sostituzione dello storico formato FacturaE, allineandosi così al pacchetto della riforma europea ViDA (VAT in the Digital Age). Inoltre, il decreto ha chiarito elementi essenziali come la gestione di note di credito e debito e ha introdotto metodi precisi per calcolare i termini di pagamento. L'attuazione definitiva resta incerta ma dovrebbe entrare in vigore un anno dopo l'approvazione definitiva per aziende con oltre 8 milioni di euro di fatturato e due anni dopo per tutte le altre.

Il Belgio ha optato invece per sposare il modello Peppol, una rete nata in Europa in principio per supportare lo scambio dati nell’ambito del P2P verso le pubbliche amministrazioni (B2G e G2B) e sviluppatasi poi in altre regioni del mondo (per es. Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Singapore etc.), aperta e interoperabile, per lo scambio documentale, che si appoggia sullo standard UBL. Altri Paesi europei, come la Romania e la Polonia, territori densi di imprese italiane, stanno già affrontando l'introduzione dell'obbligo di fatturazione elettronica, ciascuno introducendo proprie specificità.

Come si Fattura verso un paese che non permette più di usare la solita modalità?

Si preannuncia, quindi, un periodo transitorio complesso, durante il quale le aziende potrebbero trovarsi di fronte a numerose incertezze. Ogni Paese europeo adotterà inizialmente le proprie regole e piattaforme, obbligando le aziende (italiane e non solo), a domandarsi come procedere correttamente verso ciascun mercato di destinazione. Questo scenario frammentato potrebbe causare qualche difficoltà operativa e magari anche dei rischi di errori amministrativi e fiscali. Di fronte a questa complessità, sarà fondamentale, per le imprese, individuare partner esperti – non solo provider tecnologici! - che conoscano approfonditamente le singole realtà nazionali e che, grazie anche a una profonda conoscenza dei processi, della presenza geografica, e della mappa applicativa dei clienti, siano in grado di accompagnarle attraverso le inevitabili criticità iniziali.

Di fronte a questo panorama europeo eterogeneo, sorgono spontanee alcune domande, tutte cose molto pratiche: come dovrà comportarsi un'azienda italiana, tra pochi anni, quando emetterà le proprie fatture verso clienti di Francia, Germania, Spagna, Belgio o qualsiasi altro paese in Europa? Attualmente, produce una fattura tradizionale cartacea, spesso allegata direttamente alla merce spedita e contestualmente emette una sorta di autofattura elettronica verso il Sistema di Interscambio (SDI)... Ma nel prossimo vicinissimo futuro, funzionerà ancora così?

Ci pensa il Regolamento Europeo VIDA

A questa domanda risponde concretamente proprio il ViDA (VAT in Digital Age, qui qualche ulteriore informazione: https://www.tesisquare.com/it/blog/fattura-elettronica-alla-prova-vida-e-mercato-unico-cosa-devono-aspettarsi-le-aziende), che intende uniformare e semplificare la fatturazione elettronica transfrontaliera in Europa. Entro al massimo il 2030 (con qualche possibilità per l’Italia di arrivare fino al 2035), tutte le aziende europee dovranno obbligatoriamente adottare un formato strutturato e standardizzato per le transazioni intra-UE, basato su tecnologie comuni come il formato UBL o il CII e reti interoperabili, come per esempio quella Peppol. Progressivamente, si ridurranno o elimineranno, in questo modo, le procedure “parallele”, semplificando così notevolmente la gestione documentale.

Alle aziende italiane converrebbe affrontare questa evoluzione strategicamente (compresa la scelta del partner), cioè mappando i propri sistemi informatici e scegliendo servizi digitali capaci di dialogare fluidamente con le diverse regole e piattaforme (più o meno centralizzate!) nazionali di tutta Europa per la Fatturazione Elettronica. Questo permetterà non solo di assicurare piena conformità normativa ma anche di ottimizzare notevolmente i processi interni e il controllo gestionale, trasformando così questi anni di trasformazione legati agli obblighi normativi in un'opportunità per creare un ecosistema più funzionale, pienamente digitale, e in grado di competere a livello internazionale.

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